II - Il gioielliere
Appena uscito il mancato rapinatore, al gioielliere erano mancate quelle forze che fino ad allora aveva mantenute salde e, poggiata la mano all'alto sedile di cuoio, respirò a fondo chiudendo gli occhi.
Li riaprì, premette il pulsante che riportava il revolver nella sua sede, staccò il cordless e chiamò la polizia. Mentre aspettava gli agenti, infilò un guanto di lattice, prese una busta e vi mise i guanti che il ladro, uscendo frettolosamente, aveva scordati. Quelli erano la prova, così come le impronte digitali sulla maniglia dorata del locale, di iniquivocabile colpevolezza.
S'avvicinò alla porta a vetri e, mani in tasca, aspettò la polizia sotto l'occhio della telecamera che dal palazzo di fronte pareva guardarlo.
In tanti anni di mestiere il gioiellere aveva svilupata la capacità di conoscere un'umanità così varia da avergli consentito di sentire chiaro odore d'imbroglio in quell'improbabile cliente. Il primo segnale negativo era giunto dai guanti... fossero stati quelli da moto non avrebbero allertato la sua attenzione ma erano di vitello e non adatti alla stagione.
E poi c'era stato quel bagliore malizioso all'apparire dell'anello col diamante... perciò era rimasto all'erta e quando aveva notato il gioco lento della dita che posavano un anello per ghermirne un altro, non aveva avuto più dubbi e aveva schiacciato il pulsante che avrebbe sfoderato la pistola nascosta nella teca.
Quell'arma non avrebbe mai sparato e lui la pistola vera l'aveva, era a portata di mano e sapeva usarla ma... aveva voluto sperimentare l'invenzione del meccanico che gli teneva in ordine la vecchia Topolino e che era geniale nel trovare soluzioni. Un giorno, chiacchierando, uno in piedi e l'altro sdraiato sotto la vecchia auto, avevano parlato di un fatto di cronaca dove c'era scappato il morto e avevano concordato sul fatto che prima di sparare per uccidere occorra una specie di avviso e da lì era nata l'idea della pistola nella teca che valeva la pena d'essere messa alla prova. Infatti aveva funzionato e il ladro di quel mattino aveva fatto dietrofront.
Ma mentre sentiva in lontananza la sirena del soccorso che s'avvicinava, ripensò ai fatti appena accaduti e a quel giovane ladro maldestro scoprendo di provarne pena. Si fosse fermato a pensare, quella telefonata al 113 non l'avrebbe fatta e nella mente visse un altro finale della storia.
Riannodò il nastro della vicenda fino al clack della pistola nella teca, rivide lo sgomento nello sguardo del giovanotto sotto tiro e un sè stesso dire, assumendo uno sguardo da padre di famiglia: Signore, accetta di fare due chiacchiere su questa vicenda?
E lui avrebbe risposto sì, avrebbe spiegato di come e perchè invece di cercarsi un lavoro onesto era diventato un apprendista rapinatore, gli sarebbe stato grato di quello scambio e avrebbe promesso di lasciare la strada malavitosa.
Forse avrebbero ordinato un caffè al bar vicino e forse...
Ma era tardi, la porta s'aprì, gli agenti di sicurezza entrarono e a lui non rimase altro che fare il proposito di non abbandonare il giovane ladro.
Sari
(segue)
Molto bello e coinvolgente.
RispondiEliminaGrazie Alberto.
EliminaCiao.
Sono curiosa di leggere il seguito, come ti ho già detto, mi piace
RispondiEliminaGrazie anche a te, Farfalle :)
EliminaCiao.
Molto carino devo dire.. mi ha ricordato un bel film con Dennis Quaid https://www.mymovies.it/film/2008/prospettivediundelitto/
RispondiEliminaNon ho visto il film ma mi fido di quel che dici.
EliminaCiao.
sto rileggendo nell'ordine corretto :)
RispondiEliminanon vedo una topolino dagli anni sessanta :)
ciao
Ogni tanto ne incontro una che pare nuova di pacca. Credo debba esere molto amata.
EliminaCiao.