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25 nov 2018

La storia, vera, di Antonia

In occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza Sulle Donne, riposto questo mio racconto scritto nel 2011 che narra di una forma di violenza che non è da sottovalutare.

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Antonia
Sorride da una cornice di vetro lavorato ed è indubbiamente bella, Antonia bambina. Sorride sicura perché non sa nulla del mondo e del destino, la sua vita è tutta racchiusa entro le mura di un piccolo paese veneto ed il click del fotografo la coglie pienamente felice.

Sono trascorsi un po’ d’anni da quello scatto ed ora Antonia è una ragazza dagli occhi verdi contornati da folte ciglia dorate e con lunghi capelli di un biondo caldo e naturale che dondolano, raccolti a treccia, sulla schiena. E’ molto bella ma non lo sa, nessuno glielo ha mai detto perché in quel suo mondo semplice, la bellezza non serve, non conta. E’ una ragazza laboriosa, attenta e l'energia dei suoi pochi anni la spende fra i mestieri di casa, la cura dell’orto ed il ricamo.

Un giorno, al paese arriva un forestiero che porta una ventata di novità nell’immobile tran tran paesano catturando subito l’attenzione di tutti. E’ alto, moro e bello come un attore. I riccioli corti e scuri sono domi e lucidi di brillantina e l’ampio petto pare fatto per far fronte ad ogni difficoltà. Antonia prova quasi un timore fisico quando lui le si avvicina e le rivolge la parola… si sente strana, turbata e non osa guardarlo negli occhi.

Quando lui si presenta ai suoi genitori e chiede di poterla conoscere meglio, il padre, dopo averlo ben osservato, dice sì: lo crede il meglio per quella sua amata figliola. Anche la mamma dice sì perché vede già la figlia ben vestita e per sempre “a posto”. Antonia ha dunque il permesso di andare al cinema con il forestiero ma le poltroncine di velluto rosso sono troppo vicine e lei fatica a seguire lo schermo. Cosa sarà quel nodo che sente nello stomaco? Sarà quell’amore di cui parlano le sue amiche e di cui lei non sa ancora nulla o timore?

Alla fine anche Antonia dice sì allo straniero e non sa perché lo fa, lui infatti le fa ancora un po’ paura, ma i suoi genitori sono così contenti che lei non può non esserlo e lei è ancora una bambina ubbidiente.
E così si trova, poco più che adolescente, in una città nuova, con abitudini nuove, stranita dal traffico caotico, dal rumore di fondo che copre ogni altro e col crescente disagio che tutte quelle improvvise novità le procurano.
Ora, quel che valeva nella casa dei genitori, non vale più e lei, qui, deve essere altro, deve imparare tutto e non è facile né piacevole.

Antonia apprende in fretta perché il marito è poco paziente ed esigente come un padrone, ecco, l’ha detto: lui è il suo padrone… padrone di tutto. Non è cattivo suo marito, pensa Antonia, ma ha sue idee sul ruolo della donna e forse crede di fare bene ad agire come fa. Non le parla neppure del suo lavoro e non la interpella come invece faceva suo padre con la mamma… lei non sa nulla della vita di suo marito.
Antonia si sente sempre più sola ed isolata. Al suo paese il telefono non è arrivato in ogni casa e quando i genitori la chiamano, dalla bottega del tabaccaio, lei sente tutto l’imbarazzo che i suoi cari provano ad usare quel mezzo e quel timore non permette loro di sentire la tristezza della figlia che ogni giorno appassisce.

Ma ecco che interviene il destino a metter rimedio a quella vita solitaria ed un giorno avviene qualcosa di incredibile: un bambino. Una piccola vita sta crescendo nel ventre di Antonia e lei si rianima, si sente scelta, benedetta da quel cielo che fino a ieri sentiva immobile e scuro.

Il piccolo nasce, somiglia al padre e lei riversa su lui tutte le carezze e le parole affettuose che non s’è mai sentita di dire e che nessuno le ha mai chiesto. Antonia è finalmente felice e pare che questa gioia sia fruttifera perché dopo poco ne aspetta un altro. Ed è un altro maschio, proprio come voleva suo marito e lei si sente finalmente bene perchè ha fatto qualcosa di buono, di giusto.

Gli anni passano in fretta, come succede quando non avviene nulla di insolito, ed i ragazzi sono ormai grandicelli quando il padre si ammala. Il male è di quelli incurabili e l’ha colpito proprio lì, su quel bel viso a cui teneva tanto, deformandolo. Lui reagisce male, non l’accetta, si dispera e fatica a vivere; diventa intrattabile e lei, impaurita, stranita, si tormenta, quasi che il male l’avesse chiamato lei… e poi, si chiede, perché proprio sul viso, mostrato a tutti… se male doveva essere che fosse almeno nascosto.
Sono mesi duri da vivere ma tutto finisce e lei rimane sola proprio quando i figli sono in quell’età ingrata in cui tutto pare facile e difficile allo stesso tempo, in cui si sentono grandi ma si pretendono le cure riservate ai piccoli.

Antonia, da un giorno all’altro, deve improvvisarsi capace di badare alla casa ed agli affari del marito, è spesso fuori casa e sta in ansia per quei suoi figlioli che deve lasciare soli. La sua imperizia e la poca onestà di chi si professava amico, la portano alla disperazione, il denaro comincia a scarseggiare e lei non sa come fare. L’attività, ormai in passivo, viene venduta. Non rimangono debiti, per fortuna, ma la casa è perduta ed occorre trovarne un’altra più economica. I suoi genitori non ci sono più e lei è sgomenta, smarrita, non sa di chi fidarsi e si chiude in una casa popolare dove tutti la tengono a distanza, crudeli come sanno essere i poveri quando a miseria si aggiunge miseria. La chiamano “la veneziana” e scandiscono quella parola come un’offesa.
Quando anche l’ultima banconota viene spesa, Antonia, ormai disperata, va a cercare lavori di sartoria nei negozi di abbigliamento lontani da casa (quelli vicino non le affiderebbero nessun capo). Lei invece sa cucire bene e si sente fortunata per il lavoro che le affidano anche se le piccole riparazioni permettono a lei ed ai figlioli solamente di sopravvivere. La vita è sempre più faticosa, stenta ed anche i figli lasciano gli studi prima del dovuto e cercano lavoro.

Sono bravi ragazzi e lei si cruccia perché non può permettersi di insistere affinché prendano quel pezzo di carta che era nei suoi sogni.
Antonia è stremata, stanca e dimagrisce a vista d’occhio perché ormai mangiare le interessa poco… solo il bere, il bere, sì. Ed Antonia beve tanto, lo fa ogni sera quando i ragazzi sono già andati a dormire e può perdersi fra le bolle di un vino da poco che la portano in alto, dove non è mai stata… la fa sentire potente e calma e fa diventare ogni problema piccolo e facile da risolvere. Quando è sbronza si sente in pace e non importa se poi non riesce ad andare a letto, tanto lei dorme dove capita, anche sul pavimento.
I vetri delle bottiglie sono il suo problema, dietro le porte chiuse sente i vicini che la spiano aspettando che, nottetempo, dalle scale giunga quel piccolo tintinnio di vetri che denuncia il suo vizio. Non sa difendersi dalle attenzioni malevole che la pungono e vorrebbe diventare trasparente e sorda per non sentire il suo nuovo soprannome: “ubriacona”.
I figli le chiedono conto del suo aspetto, del cattivo odore che emana, del suo parlare a vanvera. Sono grandi ma non sanno che fare, tentano di coinvolgere i pochi parenti rimasti ma tutto è inutile: la caparbietà con cui la mamma nega la sua dipendenza e la poca voglia dei parenti, lascia tutto come sta.
Se i ragazzi si vergognano di quella mamma che spesso esce in ciabatte, che non si pettina, non si copre mai abbastanza e non si lava, non lo danno a vedere… loro sono sempre puliti ed in ordine perché lei non tralascia mai di curare le loro cose… forse aspettano semplicemente che la loro bella mamma, per miracolo, torni ad essere quella dolce e amorevole di un tempo.

La salute di Antonia comincia a traballare, il fegato non ne può più ed i ragazzi pian piano si stanno allontanando da lei. Il pensiero atroce di perdere l’amore dei figli, che la trafigge d’improvviso una sera in cui non tornano a casa, la fanno decidere.  E Antonia smette di bere e pian piano risorge. Un giorno, che poteva essere come tanti, vuota tutte le bottiglie nel secchiaio, porta nella spazzatura i suoi ultimi vetri, si lava, va dal parrucchiere e si veste con quegli abiti eleganti che erano suoi in un tempo più felice e che ora le vanno larghi.
I vicini s’accorgono del cambiamento ma la guardano ancora con sospetto, pronti a cogliere i segnali di una ricaduta che ci sarà, dicono, perché non si può cambiare.
Antonia li vede ma non si scoraggia e improvvisamente forte come non lo è mai stata, scosta decisa gli sguardi della gente e passa a testa alta. Lei non prova risentimenti, non ne è capace ed i vicini ora rappresentano una sfida: un giorno non lontano, riuscirà a conquistarli e dovranno ricredersi sul suo conto.

E sono anni sereni quelli che arrivano per Antonia che cuce, rigoverna la casa, va in chiesa la domenica e poi a portare un fiore fresco a suo marito.
Dopo tanto dolore, tanta fatica, ora si sente padrona della sua vita e per la prima volta, bella. Sente che è arrivato, per lei ed i figli, il tempo della quiete, un tempo di semina e raccolta.
La vita, invece, non ha ancora finito di saggiarla ma lei non lo sa e sorride fiduciosa con lo stesso sguardo della bambina che sorride dentro la cornice di vetro lavorato.

Sari



11 commenti:

  1. Sì, un racconto toccante, una storia di caduta e rinascita quella di Antonia, che ha colpito anche me. Saluti.

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    1. Penso spesso alla forza che abita in noi.. e basterebbe poco per rimetterla al timone della nostra vita ma spesso fatica a farsi largo perchè trova la via sbarrata da altri sentimenti che ci danneggiano.
      Ciao Mirtillo.

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  2. avevo già letto, mi pare, questo racconto. narrazione molto chiara e comunicativa.
    c'è qualcosa di autobiografico? ovviamente non è necessario che tu risponda. ciao

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    1. Grazie al cielo no, non è autobiografica e l'ho scritta nel 2011 quando la protagonista, ahimè, non c'era più. La storia mi è stata raccontata proprio da lei che mi ha onorata della sua amicizia.
      Ciao.

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    2. chissà che ne penserà mammetta. le ho stampato il racconto

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    3. Mi dirai che ne pensa? Forse lei ritroverà tratti noti, come a tutte noi che non abbiamo più quarant'anni. ;)
      Ciao.

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    4. lei non ha mai saputo esprimersi. ora è ancor meno in grado. le chiederò, proverò a chiederle

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