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15 gen 2013

Tutto cambia ma niente cambia

Riporto più sotto un brano che ho ricopiato dal blog di Cavaliere oscuro  e  che  vorrei divulgare.
Il pensiero riportato è quello di Pier Paolo Pasolini che ancora stupisce per la sua attualità e per lo sguardo lungo  e sapiente.


"Il Potere ha deciso che siamo tutti uguali".
L'ansia del consumo è un'ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato.
Ognuno in Italia sente l'ansia, degradante,di essere uguale agli altri nel consumare, nell'essere felice, nell'essere libero: perché questo è l'ordine che egli ha incosciamente ricevuto,e a cui "deve" obbedire, a patto di sentirsi diverso.
Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza. L'uguaglianza non è stata infatti conquistata, ma è una "falsa" uguaglianza ricevuta in regalo. Una delle caratteristiche principali di questa uguaglianza dell'esprimersi vivendo, oltre alla fossilizzazione del linguaggio verbale, è la tristezza: l'allegria è sempre esagerata, ostentata, aggressiva, offensiva.
La tristezza fisica di cui parlo è profondamente nevrotica. Essa dipende da una frustrazione sociale. Ora che il modello sociale da realizzare non è più quello della propria classe, ma imposto dal potere, molti non sono appunto in grado di realizzarlo. E ciò li umilia orrendamente...Non è la felicità che conta? Non è per la felicità che si fa la rivoluzione?
Oggi , questa felicità - con lo Sviluppo- è andata perduta.
Ciò significa che lo Sviluppo non è in nessun modo rivoluzionario, neanche quando è riformista. Esso non dà che angoscia."

Pier Paolo Pasolini    

Come non sentire nostre queste considerazioni che lui denunciò tanti anni fa? Che ce ne facciamo delle parole, anche se sage e vere? Le usiamo come lente di ingrandimento e come necessaria sostanza per costruire i nostri giorni.   Sari      

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9 commenti:

  1. Io Sari non rinnego lo sviluppo,
    ci ha portato benessere, ci ha tolto dalla schiavitù del lavoro duro, certo, l'uguaglianza a cui siamo "invitati" ci porta a disagi e spesso anche a depressioni, ma questo non credo dipenda dallo sviluppo.
    Una volta non c'era vergogna della povertà, oggi si.

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    1. Buongiorno Massimo,
      sono d'accordo: il progresso ha portato vantaggi al lavoro duro ma cosa ci ha chiesto in cambio? Ha preteso di uniformarci, di divenire solo consumatori, ha tolto la possibilità di personalizzare la nostra vita. Ci sta chiedendo, oggi, di non essere noi ma quel che il consumo vuole. Impone una vita non a misura di persona.
      Della povertà non ci si vergognava un tempo perchè eravamo tutti poveri e questa era una condizione "normale". Nessuno si sognava di dirci che se non avevamo questo o quel capo eravamo out. Non ci si sentiva sminuiti se non si poteva andare in vacanza e il buonsenso era patrimonio di molti (non oso scrivere tutti). Oggi ci s'indebita per avere un televisore in più, l'ultimo modello (ma ti rendi conto che quello vale di più del servizio per cui è nato?) e gettiamo (ormai dovrei usare l'imperfetto) il cellulare che funziona benissimo in favore di un modello nuovo, costosissimo, che ha funzioni di cui non abbiamo nessun bisogno. Vedi come siamo soggetti a quella dittatura di cui parlava tanti anni fa il nostro Pasolini?
      Ciao.

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  2. Ciao cara, lo sviluppo é una cosa molto relativa. Spesso i cittadini dei paesi poveri sono piú felici di quelli dei paesi "sviluppati". Poi io non credo nella falsa uguaglianza che avevo il modo di conoscere per esperienza nell'era comunista del mio paese. I miei compaesani erano e sono anche oggi abbastanza tristi e neurotici.
    p.s. Gabry (blog "emozioni e sensazioni")che ha mandato il pacco enorme per il mio primo nipotino é un'amica blogger che conosco da 4 anni. Quest'estate ci siamo incontrati a Napoli.É la zia onoraria di Adamino:)
    Un caro saluto e baci

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    1. Cara Caterina, hai posto una questione interessantissima: cos'è davvero lo sviluppo e se, o in che misura, determina la felicità. Perchè, è bene ricordarlo, siamo nati per essere felici, per risplendere, come dice sempre l'amica Marzia.
      E scrivi ancora di "falsa uguaglianza". Ma sai che dovrò riflettere su tutto questo?
      Pasolini diceva, per come l'ho inteso io, che il consumismo è diventato una forma di dittatura, proprio come quella comunista che voleva, e vuole, che tutti siano uguali anche nei bisogni, cancellando così ogni aspirazione e desiderio personale. Da qui l'infelicità dei popoli sotto dittature, sia politica che del consumismo sfrenato. La scontentezza arriva silenziosa e terribile perchè si pensa di avere tutto, di poter scegliere, mentre siamo, o stiamo diventando, schiavi senza forze.

      Auguri al tuo piccolo che sta crescendo proprio bene.. si vede che è un bambino sereno. Ah, Gabry è napoletana? Allora sarà una buona amica, come la mia Lili.
      Un abbraccione sincero a te ed uno ad Adamo.

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    2. Ciao sorellina! Sempre importanti i tuoi argomenti!Direi complessi.I racconti degli anziani dei miei tempi di gioventù (oggi l'anziana sono io)cominciando dai racconti di mio padre, ma anche di mia nonna,non mi fanno desiderare quel tempo che per coloro che furono poveri ossia tanti, credo proprio non fossero tempi felici.Anche sotto il profilo della salute si moriva per malattie che oggi non si temono più (e non voglio prendere in considerazione le due guerre mondiali patite nell'orribile secolo scorso). Credo che l'uguaglianza di cui spesso si parla, si riferisca soltanto ai bisogni primari, quindi al lavoro (quando c'è) attraverso il quale puoi soddisfarli, ed attraverso il quale passa anche la libertà.Per il resto siamo tutti diversi l'uno dall'altro,in quanto poi alla felicità...beh...credo sia la ricerca (inutile?!?) di tutti e tutti ne abbiamo diritto al di là dei risultati.E' vero, il consumismo ci condiziona e ci rende schiavi di falsi bisogni ma il livello d'istruzione s'è sensibilmente alzato, quindi nel cercare la felicità cerchiamo nel contempo anche quegli strumenti che ci rendano critici e pronti a non farci massificare.Sotto sotto, credo anch'io che questa inaspettata povertà a cui stiamo andando incontro, potrebbe anche diventare un tempo d'un equilibrio che s'era perduto.Qualcuno ha detto che la speranza non si vende, ha ragione! Bisogna cercarla dentro di noi...un po' come la felicità!

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    3. Lili! Che bello vederti, sto per andare alla lettura ad alta voce ma tornerò dopo a leggerti come si deve.
      Ciao!!!!!!!
      Stesso anche per Franz, a dopo

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    4. E' vero che il livello di istruzione è cambiato ma quale istruzione? Chi ci ha insegnato a scegliere e ad essere critici, come tu dici? Il pensiero ci è stato venduto già confezionato e se a qualcuno è parso comodo, ora si ritrova a non avere strumenti per farlo.
      Chi è stato maestro in questi decenni di decadenza? La tv, la cattiva politica, i messaggi publicitari che ci hanno convinto che era bello (necessario) avere e non essere.
      Pasolini dice che la felicità non è nello sviluppo e mi pare che questi tempi lo dimostrino chiaramente.
      Sì, la speranza (attiva, aggiungo) è l'unica strada per riappropriarci del potere di scelta e di autodeterminarci.
      Ciao, un abbraccio.

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  3. Quanto ci manca, una mente come quella di Pier Paolo Pasolini, e quanto male hanno fatto quelli che decisero di ucciderlo...
    Quanto al concetto di sviluppo, lo paragonerei a un boomerang: fino agli anni '70 (e in particolare con una forza poderosa negli anni '60) le componenti di autentico progresso offerte dal modello liberista/capitalista hanno prevalso su quelle di degrado e distruzione, poi si è invertita la tendenza, a dimostrazione del baco all'origine di un'ipotesi di crescita infinita.
    Ci sono voluti poi molti anni perché la cosa cominciasse ad essere compresa, ma questo processo di consapevolezza è ancora insufficiente, tanto è vero che quasi tutti i partiti auspicano il 'ritorno alla crescita' come via d'uscita dall'attuale crisi economica, senza capire (o facendo finta di non capire) che il tempo della crescita, quella del famigerato Prodotto Interno Lordo, è finito per sempre. E forse bisognerebbe dire per fortuna.

    Un caro saluto.

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    1. Pasolini era scomodo per tutti... una voce libera, fuori dal coro che infastidiva. Era da eliminare e con la sua presenza fisica anche quella morale (svilita) che solo ora sentiamo necessaria.
      Crescita e Riforma sono le due parole equivoche, che non dicono nulla e se non specificate paiono una presa in giro. Le uniche parole che vorrei sentir dire non le pronuncia con chiarezza nessuno: Lavoro, giustizia, dignità per tutti.
      Non faccio conto della Fortuna, sarà per questo che lei mi snobba. ;)
      Ciao Franz, sempre interessanti i tuoi interventi.

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- Grazie per il tuo commento che sarà sicuramente rispettoso.