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28 dic 2012

Scrittura a più mani

Racconto originale di Giba e proseguito, senza permesso, da Sari.
L'autore  ha saputo e perdonato l'ardire.



Il fabbricante di doni
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Giba e Sari



Fabbricava regali. Raccoglieva nel bosco, vicino alla vecchissima casarella che gli era rimasta dopo la partenza dei suoi per un punto imprecisato del tempo o dello spazio, legnetti secchi e pigne da seccare al Sole, qualche castagna selvatica indurita e, con quello che aveva raccolto, fabbricava regali.
Lui fabbricava regali. Non aveva altro da fare e per sfamarsi non aveva che da scendere a valle, in paese, dove il fornaio gli regalava sempre, senza che lui lo chiedesse, un filone di pane. Al mercato poi c'erano gli scarti della frutta, quella un po' ammaccata ma buona che nessuno comprava. Le erbe del sottobosco erano deliziose, nel pane, appena colte e tagliuzzate. Acqua ne aveva a volontà, fredda e pura, sempre scorrente dalla fontanella appena fuori casa.

Lui fabbricava regali. Gli piaceva curvare gli stecchi sottili alla fiamma del camino, fare strani pupazzi con per testa una castagna e per occhi due sassolini. Non avevano bocca ma un bel naso sì, fatto con un pezzettino di legno. Faceva anche piccole slitte e carriole con strane ruote piene, ricavate da tondi di legno.

Era un omino ormai vecchio, con qualche raro pelo sul volto e senza capelli. Qualche dente gli era rimasto, per fortuna, ed il suo sorriso risultava ancora gradevole anche con qualche, inevitabile, vuoto fra un dente e l'altro.

I regali li sistemava in fila, davanti alla sua reggia ed ormai riempivano tutto lo spiazzo ed anche parte del sentiero che scendeva a valle. Lui aspettava, da sempre, che qualcuno si presentasse e ne chiedesse almeno uno in dono. Non successe mai, durante la sua vita.

Davanti a casa sua non passava nessuno e lui era troppo timido per portare qualche oggettino in paese e regalarlo. Così attese, attese tanto che morì, nel silenzio della notte, passando dal sonno alla quiete definitiva senza accorgersene.

Tre giorni dopo il panettiere si preoccupò, non vedendolo, e salì a monte. Lui dormiva per sempre, circondato dai suoi oggettini, offerti da una vita e mai notati.

Il fornaio si sedette e pianse in silenzio quell'ometto così pieno d'amore sempre offerto e mai donato. Poi si chinò, raccolse una piccola slitta e scese a valle.........


Giba

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Era inverno e di fiori non ce n'erano nelle aiuole, ma il Fornaio sapeva dove fioriva il calicantus ed andò a coglierne.  
Con quel mazzetto di rami profumati fra le mani, tornò alla vecchia caserella abitata da quello strano personaggio che ogni tanto si presentava, sorridente ma quasi muto, in paese e vi andò con un amico ed il prete per dargli cristiana sepoltura.

Salirono in silenzio, ognuno assorto nella propria parte oscura che in quel momento attribuiva alla triste occasione.
Quale fosse il nome del defunto, non lo si sapeva perchè nessuno aveva mai sentito il bisogno di chiamarlo... ma ora, che non era più, doveva per forza averne uno. Decisero che Giovanni gli sarebbe stato bene e così, tra un sospiro imposto dalla salita e qualche tentativo di ricordare un episodio della vita del morto, fatto quasi ad orazione, il Fabbricante di doni fu battezzato.

Arrivarono alla povera casa e, oltrepassata la soglia, i tardivi visitatori sentirono quel passo come una profanazione. Si guardarono smarriti attorno cercando quel che temevano di trovare, ma non videro nulla. Giovanni pareva essere sparito e nella casupola non trovarono segno alcuno della sua presenza.

Volgendo lo sguardo tutto intorno, trovarono solo tanti piccoli regali allineati su ruvide mensole, ed erano così tanti che quella poteva essere la casa di Babbo Natale. Rimasero meravigliati dalla perfezione e dall'amore con cui quegli oggetti erano stati curati, ma quel giorno non era tempo di stupori e ripresero la ricerca di un Giovanni che non si trovava e non si trovò.

Chi accompagnava il Fornaio, sostenne che si fosse sbagliato e che Giovanni non fosse morto ma in giro per boschi a cogliere materiale per quei balocchi che evidentemente amava confezionare. Ritornando, si chiesero perchè Giovanni lavorasse in solitudine e nel silenzio ma nessuno seppe trovarne ragione.
Con quel mistero addosso, tornarono alle loro case ed alle occupazioni solite.

Fece così anche il Fornaio che però sapeva... era certo di avere trovato Giovanni senza vita e si domandava quale mistero si celasse nella sua scomparsa. Tornò ancora alla casa dei doni, come lui ormai la chiamava, e batteva i boschi che l'attorniavano. Urlò più e più volte il nome del fabbricante di doni ma fu un'inutile voce che s'inoltrava fra i rami e il fogliame. Da quelle visite, il fornaio tornava sconfitto, pensieroso e pieno di domande senza risposta. Un giorno tornò alla casupola e, preso un sacco, lo riempì di tutti i tesori che Giovanni aveva confezionato, li portò nella sua bottega e li regalò a chi glieli chiedeva. Erano così graziosi, insoliti e benfatti che in breve sparirono e gliene chiesero ancora ed in breve terminarono, regalando quella gioia che in vita Giovanni si era negato.

Venne un'altra grande nevicata, l'ultima della stagione, si sperava, ed il Fornaio fu assorbito dal suo lavoro che era faticoso ed impegnativo. Ma con la buona stagione, che ormai sbocciava in ogni aiuola, fosso e campo, decise di tornare lassù, nella casa dei doni pur sapendo di trovarla vuota.

Arrivato che fu, faticò ad aprire la porta che non cedette facilmente a causa dell'umidità ed entrò nell'unico locale abitato da Giovanni. Lì, ben allineati sulle assi, c'erano tantissimi doni e parevano ancora più belli dei precedenti.
Il Fornaio li raccolse senza meraviglia perchè dopo la sparizione di Giovanni, tutto gli pareva possibile. Prese i regali e li portò al paese dove andarono, anche questa volta, a ruba.
I piccoli che giocarono con i doni di Giovanni erano così lieti e sereni, crescevano così bene che presto si pensò di attribuire a loro il merito: contenevano sicuramente tutto il bene della vita e della natura.

La voce dei doni di Giovanni si sparse e presto nella bottega del Fornaio ci fu la fila per quei regali che chiamavano già miracolosi. E lo erano per davvero perchè ogni volta che terminavano, il Fornaio tornava a casa di Giovanni e sempre ne trovava di nuovi. Chi lo seguì per scoprire chi li confezionasse, trovò solo mensole vuote ed odore di muffa. Il Fornaio no, lui non tornava mai a mani vuote.

Presto tutto il mondo si trovò a giocare con i regali di Giovanni e, giocando giocando, gli animi divennero lievi.. la letizia generale si alzò dalla terra e toccò il cielo. Lì, riparò il buco nell'ozono, annullò tutte le pericolosità prodotte dalla scempiaggine dell'uomo, colmò ogni anfratto, lisciò ogni stortura ed il mondo divenne perfettamente tondo... un paradiso.
Il paradiso di Giovanni.


Sari




3 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Che dire...
    uno dà tanto amore ma nessuno lo vuole
    basta una breccia nella diga per far venir giù amore per tutti.

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    1. Il fabbricante di doni non ha saputo offrire quanto aveva di bello da donare e c'è voluto l'amore di un'altra persona per veicolarlo, spargerlo.
      Una breccia, dici, fosse facile aprirla, Massimo.
      T'auguro tanto amore, dato e preso con spontneità.
      Ciao.

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