L'uovo rotolò via, non si sa come,
dal nido di mamma folaga e la sua corsa finì in un buco del terreno
sull'argine di uno specchio d'acqua che si era incerti se definire
laghetto o pozzanghera.. e lì sarebbe rimasto, incustodito, andato a
male, se il vento, vista la drammatica situazione, non si fosse
impietosito portandogli, a riparo, un pezzetto di tela cerata che
depositò sugli arbusti che coronavano il buco.
Anche il sole volle fare la sua parte e
divenne padrino di quell'ovetto sfortunato a cui non fece mancare un giusto calore... materno.
A tempo debito l'uovo schiuse e un
piccolo pulcino scuro, scrollati di dosso i resti del parto,
s'affacciò curioso alla vita.
Dopo essersi guardato attorno,
becchettò, bevve dalla pozzanghera e dal becco ancora gocciolante
emise il suo primo suono.
A quel rumore inaspettato fece un
balzo ma poi, rendendosi conto che quella potenza era sua, se ne sentì fortificato a tal punto
che pensò di partire per il meraviglioso mondo che vedeva attorno a sè.
Appena si sentì ben saldo sulle
piccole zampette, s'incamminò e ogni tanto emise il potente suono
che gli serviva da sostegno e da richiamo.
Dagli incontri che fece, si rese conto
che ogni tipo di cucciolo aveva accanto uno stesso esemplare adulto
pronto ad offrire protezione e desiderò d'averne uno anche per sé:
gli pareva indispensabile avere qualcuno cui somigliare.
Cammina cammina, incontrò uno
scoiattolo gentile che dall'alto di un ramo lo guardò incuriosito.
- Vuoi essere la mia famiglia? - gli
chiese speranzoso il pulcino.
Lo scoiattolo lo esaminò con un
capino storto che subito scosse tristemente.
- Mi piacerebbe - disse - ma tu ed io
non possiamo fare famiglia perchè non sei adatto a saltare da un
ramo all'altro per giocare e cercare nocciole... non hai la coda e
cadresti facendoti male.
A quel rifiuto l'anatroccolo provò
una forte delusione ma fu solo per un attimo perchè, petto in
fuori, si rimise in cammino per cercare quella famiglia che doveva
pur esistere da qualche parte.
In un viottolo tra l'erba, vide
impronte di piccoli piedi... le confrontò con le sue e si sentì
nuovamente speranzoso: erano simili. Seguendole, incontrò una
famiglia di quaglie e si sentì felice perchè gli parve che la sua
ricerca fosse finalmente terminata: avevano tutti due zampette, un
becco, una piccola coda e due ali,
proprio come lui.
- Siete voi la mia famiglia? - chiese a
mamma quaglia - posso unirmi a voi?
- Ti sei perso piccolino? Mi dispiace
- rispose lei squittendo - ma ho già tanto da fare con i miei piccoli che non potrei accudire anche
te. Pensa che debbo covare alcune centinaia di uova ogni anno e poi,
tu fra qualche mese migrerai e non ti vedremo più.
Migrare...non conosceva la parola ma
gli pareva impossibile che, una volta trovata una famiglia, l'avrebbe
abbandonata. Beh, avrebbe cercato ancora...
Si rimise in cammino e presto vide
davanti a sè una casa di mattoni rossi con un largo spiazzo dove diversi animali mangiavano e
chiacchieravano fra loro.
Sono capitato nel paradiso delle
famiglie - si disse - e s'intrufolò fra le maglie del recinto dove razzolavano parecchie galline.
S'avvicinò.
- Ho due zampe, una piccola coda, il
becco e le ali, proprio come i tuoi pulcini... posso entrare nella tua famiglia? - chiese alla chioccia.
- Coooo cocoo cooosa dici piccolotto?
Mi sono simpatici quelli come te, gente di terra e di mare e di aria
mentre noi siamo solo di terra.. non posso accettarti, mi spiace.
Il piccolo anatroccolo, ancora una
volta, cercò di non scoraggiarsi e andò per tutta la fattoria
chiedendo a un piccolo posto dove stare ma... inutilmente.
Con in cuore ancora una speranza,
chiese ad un asino che, come risposta, gli lanciò un raglio così
potente da farlo arretrare
spaventato... l'anatroccolo lo sentì ridere forte mentre gli si
allontanava.
Chiese ad una pecora che si lanciò con
enfasi in una dotta disquisizione sulle aggregazioni e sulla
divisione della società animale. Questa volta fu lui a dire no a
quel fiume di parole incomprensibili.
Trovò un coniglio mezzo matto che
faceva instancabili capriole e lui, fra un giro e l'altro, gli disse
che sì, potevano fare famiglia ma poi... trovò così tante scuse
per non accettarlo che il nostro
folaghino gli voltò le spalle e se ne
andò.
Da quel che provava, imparò la parola
sconforto: la famiglia era un progetto che si era rivelato
irrealizzabile e si sentì solo, abbandonato.
S'incamminò verso uno dei tanti bordi
della fattoria, decidendo di andarsene da quel luogo.
Famiglia: ali spalancate, sorriso,
protezione... addio.
Improvvisamente si fermò, guardò, e
una luce gli si riaccese in petto: proprio nell'angolo più lontano
del grande cortile c'era qualcuno desideroso come lui di abbracciare
e lo era così tanto che le braccia spalancate le aveva già, anche
se era solo.
Gli si avvicinò cautamente, vide che
erano le braccia più lunghe che avesse mai visto e quando
gli chiese piano, pronto a ricevere un
altro no, se gli avrebbe fatto piacere fare famiglia con lui, quello
scosse la testa avanti e indietro in quel modo che è stato
adottato per dire sì.
Felice come nessuno lo era stato
prima di lui, gli zampettò addosso e lo profuse di strofinatine
che erano dolci carezze.
Quello non si mosse ma il nostro
anatroccolo tradusse gli scricchiolii che sentiva mentre lo
accarezzava, in parole nuove, quelle che aveva tanto desiderato e
capì d'essere stato pienamente accolto.
Anche lui, ora, aveva una famiglia. Si
accoccolò fra il collo e le braccia di quella strana e generosa
creatura fatta di paglia e stoffa e lì, beatamente, si addormentò.
La cattiva stagione lo vide adulto:
era diventato una folaga forte e bella.
Un giorno vide nel cielo grandi stormi
che, ordinatamente, si dirigevano a sud... provò una forte
emozione e spiccò il volo, desideroso di unirsi al loro viaggio.
Si librò nel cielo ma... tornò subito indietro, restio a
lasciare la famiglia e quel che conosceva.
Lo attiravano il volo e i suoi simili,
sì, ma amava lo spaventapasseri e anche gli animali della
fattoria che nel frattempo gli erano diventati amici integrandolo
felicemente nelle loro cerchie.
Ma il cielo lo attirava sempre più.
- Proveresti molto dolore se io
partissi e stessi lontano tanti mesi? - chiese allo spaventapasseri spiando ogni filo di paglia che amava.
Lui, affidandosi ancora una volta al
vento, scosse leggermente il capo per dirgli che no, non gli
sarebbe spiaciuto troppo e che la vita è fatta di partenze e arrivi.
La folaga gli si strofinò contro,
nell'ormai collaudato modo che aveva di dirgli che gli voleva bene, alzò lo sguardo e lo lasciò
smarrire nel sogno azzurro del cielo.
Sì, sarebbe partito con lo stormo
successivo.
sari
il tempo di un saluto...sono tornata a casa oggi alle 16, dopo due mesi trascorsi a fare al nonna in Friuli. La mia Giulia ha partorito con tre settimane di anticipo, il 7 agosto è nato il mio piccolo, meraviglioso Ayma. Lui sta benissimo, Giulia ho - abbiamo .- rischiato di perderla.....
RispondiEliminaAyma è un nome greco, significa Sangue, inteso come Forza vitale. E lui l'ha donata a tutti noi, questa forza.
Sono passata per salutarti. Con calma, domani, leggerò tutto ciò che mi sono persa in questi due mesi!
un grande abbraccio Emanuela
Mi s'è accapponata la pelle leggendo della tua Giulia. Le auguro tanta salute e tante gioia da usare nei prossimi cent'anni.
EliminaCara Emanuela, che mesi terribili hai trascorso fra la gioia del piccolino e la preoccupazione per la tua figliola. Ma se sei qui, questo mi dice che tutto è passato.
Un allegro benvenuto ad Ayma, la sorte gli regali i doni che servono a vivere sereno e in pace.
Un abbraccione per te, amica mia... vederti mi rallegra.
Benvenuto Ayma
RispondiEliminaBella storia,
peccato che sti giorni si sia aperta la caccia.
Non ricordavo che in questa stagione si apre la caccia... in città (sigh) queste notizie si perdono facilmente.
EliminaCiao.
grazie massimo,Ayma è davvero un grande combattente.
RispondiEliminaSono stata pure nelle MIE marche ed ho vissuto pure io l'apertura della caccia...... riesco sempre a litigare con i cacciatori, mi piace molto aggredirli!!!
Emanuela
Leggo in questo racconto una metafora della nascita e della crescita dell'essere umano, laddove non esiste bambino che non abbia bisogno del calore di una famiglia, che presto però, lascerà per seguire un compagno, una compagna, ma soprattutto per seguire il suo destino.
RispondiEliminaUna favola molto dolce e delicata.
Hai colto, come sempre, il succo della mia favoletta. Sarebbe bello che si potesse nascere con la forza del mio folaghino che non si arrende e scoraggia mai.
EliminaCiao.
bellissima..dovrei farne tesoro quando penso con malinconia che anche i miei stanno spiccando il volo. Li vorrei sempre con me ma capisco anche che "famiglia" è ovunque non solo qui. Grazie Nicoletta
RispondiEliminaI momenti malinconici che vivrai saranno gestazione per gioie ancora più grandi, credimi. I miei figli mi hanno portato una nipotina adorabile, e i loro consorti che sono praticamente figli.
EliminaUn abbraccio per te, mamma Nico.